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Le aziende si raccontano • Terra e Sole

LE AZIENDE SI RACCONTANO
Testimonianze di clienti storici che da oltre 25 anni scelgono QCertificazioni per il proprio percorso di successo nel biologico

TERRA E SOLE

Renzo Agostini e Antonella Baldazzi, titolari di Terra e Sole di Rimini, il primo negozio certificato bio in Europa, dal 1992, hanno fatto del biologico il proprio marchio di fabbrica, ampliando “il progetto Bio’s” a tutta la ristorazione biologica e vegan.

RENZO AGOSTINI

RENZO AGOSTINI

Titolare

Negli anni, il negozio Terra e Sole si è sviluppato allargando la sua offerta, proponendo sempre più servizi. Oggi Terra e Sole offre vari reparti, tutti legati tra loro al fine di offrire un comune percorso verso il benessere a 360 gradi.

Cosa vi ha spinto a cogliere la scommessa del bio?
Abbiamo aperto Terra e Sole nel 1992. All’epoca la spinta era quella degli ideali ambientalisti, di contribuire a creare un mondo migliore e di vivere in salute

Una volta conseguita, la certificazione bio ha aperto la strada ad altri progetti e/o nuovi mercati?
Ho sempre creduto fortemente nella certificazione bio tanto è vero che Terra e Sole è stato il primo negozio bio ad essere certificato, non solo in Italia. Per me la certificazione non è un onere, ma una opportunità, un modo per essere trasparenti nei confronti di chi ci ha scelto, per dare una garanzia che vada oltre al “fidati di noi”.

Quali trasformazioni avete notato nel mercato del bio nel vostro settore?
Il biologico nel ’92 era una nicchia, una fettina insignificante del mercato, di gente che ci credeva; poi è dilagato a dismisura con l’ingresso della GDO, perdendo valore ed identità. Il bio oggi lo produce chiunque, con processi sempre più industrializzati, in produzioni miste bio e non bio, che, sinceramente, lasciano tante perplessità anche per quanto riguarda la certificazione.

Come è cambiato l’atteggiamento del consumatore?
E’ stato un ideale, poi una moda, oggi solo la scelta di un prodotto che si reputa più sicuro per la propria salute e forse meno impattante sull’ambiente. Il fatto che la GDO lo stia pian piano dismettendo è sinonimo di quanto sia meno cool di qualche anno fa, prima della pandemia.

Quale consiglio vorreste dare alle nuove generazioni di imprenditori del bio?
Mi piacerebbe avere una risposta. In questo momento credo che sia necessario evitare voli pindarici e badare alla sostenibilità.  Non solo nel bio, non mi sembra che tiri un vento positivo che possa spingere a grandi investimenti. Occorre resistere e continuare a dare valore al biologico, come modello di produzione e allevamento estremamente differente da quello convenzionale, smettere di scimmiottare la grande distribuzione, di copiare gli alimenti fortemente processati, carichi di ingredienti e additivi, anche se bio. Non serve fare tutto, serve fare bene.

Vuole fare altre considerazioni?
Non credo che sia onesto nei confronti del consumatore, continuare a certificare chi produce solo una minima parte della produzione bio e il resto convenzionale. La divisione dei magazzini e la pulizia degli impianti sinceramente lascia lo spazio a mille dubbi, anche perché parliamo di grandi aziende per le quali il bio è solo un completamento di gamma o convenienza, ma non c’è consapevolezza alcuna.

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