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Anche i prodotti alimentari combattono il cambiamento climatico

Mag 5, 2022

Benessere e consapevolezza. Questi i valori degli italiani a tavola se si considerano le diverse indagini demoscopiche condotte nell’ultimo anno e mezzo. C’entrano naturalmente le conseguenze della pandemia e la sempre maggiore coscienza dei temi della sostenibilità ambientale. Conscious eater se si vuole una definizione dall’accento esotico.

E tra i gruppi – le “tribù” – che compongono la galassia del consumo, si è aggiunta anche quella dei “climatariani” e cioè di coloro che fanno scelte sostenibili in campo alimentare in maniera da ridurre l’impatto che i cibi hanno sul clima. Una parola non nuova (nasce infatti nel 2015), ma che oggi pare aver trovato una sua piena diffusione.

Cosa presuppone questo stile di vita? Al di là dell’appartenenza a particolari sottofamiglie (vegetariani, vegani o reducetariani), una crescente parte dei nostri connazionali dirige le proprie preferenze verso acquisti il più possibile italiani, locali o a km zero, biologici e, in generale, sostenibili. Per una dieta, e dunque, per una spesa che siano sempre più sensibili ai temi del cambiamento climatico e della preservazione degli ecosistemi e della biodiversità. Tradotto significa: cibi che per essere prodotti hanno richiesto minori consumi di acqua e di suolo, assenza di utilizzo di agenti chimici e una ridotta o addirittura nulla impronta di carbonio.   

Come spiega il Rapporto Coop 2021, i manager del comparto Food & Retail prevedono per il 2022 una crescita dei consumi di prodotti 100% italiani, bio, local e dei cosiddetti “gourmet”. Si tratta di caratteristiche che, secondo l’opinione del 61% degli operatori del settore, il consumatore cerca nella marca del distributore al momento della scelta d’acquisto. Una tendenza che con grande probabilità proseguirà nei prossimi anni.

Tale consapevolezza riguarda anche il rapporto con il mondo agricolo. In una recente indagine del CREA sulla Food Citizenship o “cittadinanza alimentare”, il 55% degli intervistati dice di riconoscere l’impatto ambientale delle proprie scelte alimentari. Di questa percentuale, i più attenti sono coloro che consumano più ortaggi e verdura biologiche e che manifestano una maggiore disponibilità a pagare un prezzo più elevato, rispetto ai prodotti alimentari convenzionali. 

Percorsi di sostenibilità

Se i consumatori guardano sempre più a scelte alimentari sostenibili, i produttori possono rispondere a questa esigenza anche attraverso l’ottenimento di alcune certificazioni che ne orientino e facilitino il percorso di acquisto. Tra queste ricordiamone quattro:

  • Biologico. Si tratta di una certificazione europea basata sul Regolamento UE 848/2018 che si applica alle aziende del comparto agroalimentare che effettuano produzione primaria, trasformazione e importazione. Per quanto attiene all’attività primaria, il Regolamento definisce un metodo di produzione che tiene conto di tutte quelle forme di coltivazione e allevamento che tendono a valorizzare e a conservare i sistemi biologici produttivi, senza il ricorso a prodotti chimici di sintesi, svolgendo una funzione di tutela dell’ambiente e di conservazione dello spazio rurale, utilizzando nel miglior modo possibile le energie rinnovabili e valorizzando le risorse territoriali, ambientali e naturali. Allo stesso tempo, la trasformazione deve avvenire utilizzando ingredienti da agricoltura biologica e riducendo l’impiego di additivi, limitandosi eventualmente ad utilizzare quelli contenuti nell’elenco autorizzato dal Regolamento europeo. Inoltre, devono essere adottate adeguate procedure di lavorazione e di condizionamento, identificando correttamente all’interno del comparto produttivo sia le materie prime biologiche sia i prodotti finiti.
  • ISO 14064-1. La norma permette alle organizzazioni di quantificare le proprie emissioni di Gas ad effetto serra al fine di attuare delle politiche di Carbon Management e comunicare il proprio impegno in tema di sostenibilità ambientale.
  • ISO 14067. La norma è studiata per consentire alle aziende di calcolare e comunicare la Carbon Footprint di prodotto (CFP) ovvero le emissioni di Gas ad effetto serra associate direttamente o indirettamente a un prodotto o un servizio durante l’intero ciclo di vita. Tale valore viene espresso in grammi di CO2 equivalente.
  • PAS 2060, uno standard riconosciuto anche a livello internazionale che offre alle aziende la possibilità di comunicare il raggiungimento della neutralità delle emissioni di carbonio attraverso azioni di riduzione delle emissioni climalteranti.

Per le aziende, dimostrare ai consumatori il proprio impegno applicando ai prodotti il logo di una o più certificazioni significa: provare, in tutte le fasi di produzione, di essere conformi ai requisiti e ai regolamenti nazionali e internazionali di riferimento; fare concretamente la propria parte per la preservazione degli equilibri naturali e nella lotta ai cambiamenti climatici e garantire un’offerta competitiva, sostenibile e attenta all’ambiente.

Fabio Bianciardi, Responsabile commerciale, QCertificazioni
Monica Riva, Environmental Sustainability manager, Bureau Veritas Italia

Articolo pubblicato sul n. 4/2022 della rivista Alimenti & Bevande.

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