BENESSERE ANIMALE. I CONSUMATORI CHIEDONO UN’ETICHETTATURA CHIARA.
Sono anni che si dibatte del tema del benessere animale, soprattutto per quelle specie che gli esseri umani utilizzano nell’allevamento e per la produzione di alimenti. Una preoccupazione che, partita come slancio etico di una minoranza, è divenuta una questione di più ampio respiro poiché vincolata a temi quali la sostenibilità e la salute umana. E di strada ne è stata compiuta dall’ormai lontano 1997, anno in cui gli animali sono stati definiti esseri senzienti (Trattato di Amsterdam). Si tratta di un cambiamento favorito da un quadro normativo – quello europeo – tra i più avanzati del mondo e che dalle prime Direttive del 1998 giunge fino a oggi con la strategia Farm to fork.
Passi importanti che – insieme a efficaci campagne di sensibilizzazione e a un mutamento culturale sui temi della sostenibilità – hanno portato ampie fasce della popolazione a giudicare il tema come rilevante. Un forte interesse confermato da una recente una consultazione promossa dalla Commissione europea nei Paesi dell’Unione. Infatti, oltre a un generale invito ad aumentare le specie da tutelare, la stragrande maggioranza dei rispondenti (90%) ha insistito perché i prodotti alimentari riportino un’etichettatura chiara e comprensibile che attesti il reale rispetto del benessere animale e che, di conseguenza, li aiuti al momento dell’acquisto. Ma quanto – oggi – le etichette che affermano la conformità dei prodotti venduti alle norme sul benessere animale sono in grado garantire gli acquisti dei consumatori e rispondere al bisogno di chiarezza informativa?
Il report Study on animal labelling della Commissione europea mostra come in Europa (compresi Svizzera e Regno Unito) vi siano – attualmente – ben 51 schemi di certificazione dedicati al benessere animale, di cui, la maggior parte proposta da organizzazioni private. Una frammentazione che – com’è facile immaginare – non contribuisce alla chiarezza richiesta. Questa pluralità di certificazioni genera inevitabilmente confusione nei consumatori che non riescono a raccapezzarsi fra una tale moltiplicazione di sigle e loghi difficili non solo da riconoscere ma anche da confrontare.
Cosa fare, dunque? La soluzione passa attraverso la riduzione e l’omogeneizzazione dei sistemi di certificazione, introducendo norme il più possibile comuni, condivise e con parametri confrontabili.
Una risposta in questo senso l’Italia l’ha data, introducendo il Sistema di Qualità Nazionale per il Benessere Animale o SQNBA, con lo scopo di determinare un’unica norma in grado di mettere ordine nei vari protocolli esistenti e rendere davvero effettive le azioni in favore del benessere animale, garantire la giusta concorrenza fra produttori e aziende e dare informazioni più chiare al consumatore.
Per articolare e dare esecuzione alle varie funzioni e attività, lo scorso agosto è stato infine pubblicato il Decreto interministeriale di attuazione dello schema SQNBA che definisce i requisiti di accesso alla certificazione, le norme tecniche e le figure professionali di riferimento. Si tratta di un percorso virtuoso la cui adesione è su base volontaria ed è garantita a tutti gli operatori della produzione primaria e del settore alimentare degli Stati membri dell’Unione europea. QCertificazioni, società del Gruppo Bureau Veritas, si prepara ad affiancare le aziende nel cammino per l’adozione di questo nuovo sistema, con servizi di audit e certificazione.
Fabio Bianciardi, Sales & Marketing Leader QCertificazioni
Articolo pubblicato sul n. 8/2022 della rivista Alimenti & Bevande.
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