Biologico: al via il nuovo regolamento, con uno sguardo alla sostenibilità
Nel corso di vent’anni, gli ettari di superficie terrestre dedicati all’agricoltura biologica sono passati dai 10 milioni del 1999 agli oltre 72 milioni (FiBL & IFOAM 2021) del 2019. Una crescita che – pur forte di una domanda in continua espansione – ha necessitato dell’adozione di un quadro legislativo in grado di regolamentarne e ordinarne i diversi aspetti, così da garantirne un pieno sviluppo. Specialmente in un’area di primo piano come quella dell’Unione europea, con il 23% di terreno agricolo biologico mondiale (16,5 milioni di ettari) e il 39% del mercato (ovvero 41 miliardi di euro).
Con il 2022 e dopo un anno di ritardo a causa della pandemia, è entrato in vigore il nuovo Regolamento europeo sul biologico – l’848/2018 – della UE, ultima revisione delle precedenti leggi che hanno normato il settore dai lontani anni Novanta. Un documento atteso perché adegua il quadro normativo a un sistema cresciuto in maniera esponenziale nel corso di almeno quindici anni, ovvero quando era entrato in vigore il precedente regolamento (834/2007).
Continuità o rottura con il passato, dunque? Coloro che si attendevano cambiamenti profondi rimarranno delusi, poiché il nuovo testo non stravolge quanto finora valido, ma piuttosto introduce novità o modifiche su singole questioni. Passando in rassegna le principali, abbiamo innanzitutto quelle relative ai cosiddetti controlli senza preavviso, che saranno intensificati di un ulteriore 10% aggiuntivo all’anno rispetto a quelli già previsti nel Regolamento UE 625/2017. Quelli ufficiali, invece, avverranno almeno una volta all’anno e la verifica di conformità comprenderà un’ispezione fisica in loco salvo nei casi in cui i precedenti controlli non abbiano rilevato alcuna non conformità per almeno tre anni consecutivi e vi sia stata una precedente valutazione di bassa probabilità di non conformità. In ogni caso, l’intervallo di tempo tra due ispezioni fisiche non supererà i 24 mesi.
Novità anche sul piano degli ambiti di applicazione con l’introduzione di alcuni prodotti legati all’agricoltura biologica come sale marino, cera d’api, oli essenziali e preparati erboristici tradizionali. Da notare le modifiche legate agli aromi nelle ricette e nelle preparazioni. Questi in quanto “prodotti agricoli” dovranno d’ora in poi soddisfare il criterio del 95% di materiale derivato da una fonte naturale. Vi sono poi dei cambiamenti in relazione all’etichettatura, dato che i prodotti e le sostanze impiegati nella produzione vegetale potranno recare un riferimento indicante che tali prodotti o sostanze sono stati «autorizzati per l’uso nella produzione biologica». Si punta inoltre ad avere una maggior precisione nel determinare la provenienza delle materie prime agricole: dalla dicitura “UE” o “Non UE” si passerà al nome di un paese e di una regione se tutte le materie prime agricole di cui il prodotto è composto sono state coltivate in una stessa area. Per l’indicazione del luogo potranno essere omessi piccoli quantitativi di ingredienti, purché la quantità totale degli ingredienti omessi non superi il 5% della quantità totale in peso di materie prime agricole. Prima era il 2%. Sul piano della certificazione, gli operatori che vendono prodotti biologici preimballati direttamente al consumatore o all’utilizzatore finale saranno esentati dall’obbligo di notifica e di essere in possesso del certificato a condizione che non li producano, non li preparino o non li immagazzinino se non in connessione con il punto di vendita, o non li importino da un paese terzo o non appaltino tali attività a terzi.
Fin qui le modifiche puntuali. Ma osservando il documento da una prospettiva più ampia (quella del lungo preambolo), emerge più che in passato la volontà del legislatore di arrivare ad una valorizzazione del legame tra sostenibilità ambientale, responsabilità sociale e biologico. Quest’ultimo deve essere sempre più un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione alimentare basato sull’interazione tra le migliori prassi in materia di ambiente ed azione per il clima. Tutela dell’ambiente e del clima da intendersi sia come utilizzo sostenibile delle risorse, protezione del suolo e garanzia continuata del benessere animale, sia come rispetto delle persone che in agricoltura lavorano e che, dunque, debbono ricevere un compenso giusto per la loro attività.
L’introduzione del nuovo regolamento è un’occasione importante da cogliere per consolidare il settore non solo dal punto di vista economico, ma anche programmatico. Perché se si desidera giungere a una crescita “intelligente, sostenibile e inclusiva”, come recitava la strategia Europea al 2020, allora è imprescindibile realizzare un’economia competitiva basata sulla conoscenza e sull’innovazione, segnata da un alto tasso di occupazione in grado di favorire la coesione sociale e territoriale e caratterizzata dal sostegno al passaggio verso un’economia efficiente in termini di risorse e a basse emissioni di carbonio.
Un’economia nella quale la fiducia del consumatore si pone come un aspetto di fondamentale importanza, specialmente nel settore bio. Questa si costruisce nel tempo, con fatica e metodo, senza scorciatoie, nel rispetto delle leggi e delle pratiche stabilite. Per farlo c’è bisogno di norme chiare e affidabili in grado di regolare non solo le modalità di produzione, ma anche il mercato, da intendersi come spazio di concorrenza fra gli operatori e come rapporto con i consumatori.
Articolo pubblicato sul n. 1/2022 della rivista Alimenti & Bevande.
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