Obiettivi ONU per lo sviluppo sostenibile: l’apporto delle imprese
Due fatti, entrambi veri. Il primo, che non esiste un piano B per il nostro Pianeta. Il secondo, che l’emergenza sanitaria globale ha portato i governi a trascurare la questione climatica, rallentando o bloccando le attività e gli investimenti pronti a partire o appena avviati. Ora che la crisi sanitaria sembra indirizzarsi verso una fase di normalizzazione e non più di emergenza, occorre fermarsi e fare il punto su quanto è passato temporaneamente in secondo piano.
Mancano oramai solo 8 anni al 2030, cioè il termine fissato per il raggiungimento dei Sustainable Development Goals (SDG) ovvero gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile.
Si tratta di 17 traguardi fissati nell’Agenda 2030, un programma di attività per migliorare il benessere delle persone e del Pianeta sottoscritto nel 2015 dai 193 Paesi membri dell’ONU e partito ufficialmente l’anno successivo. Per quanto siano stati pensati per i governi, gli obiettivi di sviluppo sostenibile hanno catalizzato l’attenzione del mondo imprenditoriale che ha colto la grande opportunità di orientare le proprie strategie in linea con i Goals. Una scelta win-win, dove la Comunità beneficia del contributo delle aziende e queste ultime rafforzano la propria reputazione agli occhi degli stakeholder: clienti, banche e investitori.
Abbiamo voluto selezionare alcuni obiettivi di sviluppo sostenibile sui quali le aziende del settore alimentare possono incidere maggiormente. Come? Ad esempio, implementando le best practice che sono rappresentate dalle norme tecniche certificabili.
La tutela della salute, della vita marina e terrestre sono obiettivi tra i più sfidanti. Attraverso la Certificazione Food sulla base del nuovo Regolamento UE 848/2018 si ampliano le possibilità di convertire le produzioni agricole al biologico. Lanorma regola le attività delle aziende del settore agroalimentare che desiderano convertire o avviare la loro filiera ad una produzione biologica di prodotti alimentari oppure agricoli. Per ottenere la certificazione è necessario rivolgersi ad una parte terza indipendente, che avvierà un processo in tre fasi: audit in campo; verifica delle informazioni raccolte da parte di un comitato tecnico ed infine emissione del certificato. L’azienda, in questo modo, assicurerà la tracciabilità del prodotto lungo tutta la catena di approvvigionamento, guadagnando credibilità e fiducia presso i propri clienti. |
Gli stessi obiettivi, volti alla tutela ambientale e della salute, possono essere traguardati con la certificazione Sistema di Qualità Nazionale di produzione integrata – SQNPI. Essa può essere richiesta da aziende agricole in forma singola o associata ed è applicabile alle filiere di produzione dei prodotti vegetali freschi e a quelle dei prodotti vegetali trasformati. Si tratta di un sistema di difesa integrata volontaria, realizzato attraverso norme tecniche specifiche per ciascuna coltura e indicazioni fitosanitarie vincolanti (disciplinari di produzione); esse comprendono pratiche agronomiche e fitosanitarie e limitazioni nella scelta dei prodotti fitosanitari e nel numero dei trattamenti.
La valorizzazione delle organizzazioni impegnate nella difesa della vita sulla terra, declinata nei concetti di salvaguardia delle risorse e rispetto degli animali: questo è l’ambito in cui la certificazionesecondo lo standard Qualità Vegana trova la sua ideale applicazione. Esso è lo standard per la certificazione di prodotti (agroalimentari, cosmetici, tessili, di abbigliamento, di imballaggio e altro) già in possesso di un altro marchio di certificazione oppure che siano conformi a un disciplinare privato aziendale che ne valorizzi l’aspetto qualitativo.
In base alle caratteristiche dei prodotti, esistono 3 livelli di certificazione:
- Livello 1 -Senza derivati di origine animale nel prodotto e nella confezione;
- Livello 2 -Come il livello 1 e in più senza l’utilizzo di mezzi tecnici di origine animale durante la produzione agricola (es. letame, concimi a base di sangue e ossa, ecc.);
- Livello 3 – Come il livello 2 e in più senza l’utilizzo di mezzi tecnici o strumenti di origine animale durante la trasformazione (es. guanti di pelle, pennelli di setole, ecc.).
Inoltre, possono essere verificati anche altri parametri e caratteristiche, come ad esempio la temperatura raggiunta dal prodotto durante la produzione e la trasformazione come richiesto, per esempio, dai consumatori crudisti.
Riduzione delle emissioni di gas serra – GHG. Tale obiettivo è perseguibile attraverso le certificazioni ISO14064-inventario GHG di organizzazione e ISO14067-Carbon Footprint. Entrambi i regolamenti sono applicabili a tutti i tipi di imprese e organizzazioni che intendono dimostrare il proprio impegno nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di sedi, uffici, impianti e attività. Indipendentemente dal settore nel quale operano. | |
Per mangimi, alimenti, prodotti chimici e biomasse solide è possibile dimostrare la tracciabilità e la sostenibilità delle materie prime, dei prodotti intermedi e dei prodotti finali lungo tutta la filiera. Lo schema ISCC Plus- International Sustainability and Carbon Certification Scheme offre la possibilità di apporre logo e claim ISCC, sia on-product che off-product, differenziandoli in funzione del mercato e della catena di custodia. | |
La riduzione degli sprechi alimentari è una priorità assoluta. Il nuovo standard di certificazione Bureau Veritas Food Waste Reduction si basa su un approccio di sistema che consente di dimostrare la gestione e prevenzione delle perdite e degli sprechi alimentari. Con FWR può essere certificato qualsiasi operatore della filiera alimentare: produzione primaria, aziende di trasformazione alimentare, grande distribuzione, grossisti e punti vendita in ambito alimentare, ristorazione collettiva, logistica in ambito alimentare. |
Articolo pubblicato sul n. 2/2022 della rivista Alimenti & Bevande.
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