Vino biologico, sostenibile e di qualità
Il vino biologico non smette di generare interesse. Dopo le iniziali resistenze legate ad alcuni pregiudizi sulla presunta differenza di gusto e sapore rispetto a quello prodotto con metodi tradizionali, ha iniziato ad incontrare il favore non solo di consumatori sempre più attenti alla sostenibilità e alla genuinità, ma anche di enologi e produttori. Lo dimostrano sia l’offerta crescente di vini biologici in luoghi tradizionalmente conviviali quali ristoranti o enoteche e tra gli scaffali della GDO, sia il forte aumento dei terreni viticoli coltivati secondo il metodo biologico.
Guardando all’aspetto più prettamente agricolo, la crescita inizia a partire dal 2000, prima in modo lento e progressivo e poi segnando un’importante accelerazione nell’ultimo decennio.
In tutto il mondo nel 2019, poco meno di mezzo milione di ettari dei 7 milioni totali sono stati destinati alla coltura di vitigni bio. L’85% di essi si trova nel continente europeo con Spagna (813.950 ettari), Francia (764.020 ettari) e Italia (614.960 ettari) nelle prime tre posizioni. Mentre gli Stati Uniti d’America si collocano quarti con soli 378.380 ettari.
Riguardo i consumi globali, invece, l’uso del vino biologico è raddoppiato dal 2013 passando dai 441 milioni di bottiglie ad una previsione nel 2023 di 976 milioni. Si tratta di numeri in netta opposizione al calo si registra oggi e che si prevede proseguirà anche nei prossimi anni.
I primi tre mercati per consumo di bottiglie biologiche sono Germania, Francia e Gran Bretagna; mentre sul fronte della produzione si stima che l’Italia vedrà un incremento della quota destinata all’esportazione piuttosto che di quella destinata al consumo interno.
La rapida evoluzione, concentrata nell’ultimo decennio, è riconducibile alla decisione presa nel 2012 dall’Unione europea di poter applicare direttamente alle bottiglie il marchio “biologico”. Prima di allora i produttori potevano solamente includere nell’etichetta la dicitura “vino prodotto da uve coltivate con metodo biologico”.
Ottenere tale certificazione prevede controlli rigorosi. I produttori, infatti, dovranno dimostrare di essersi attenuti al Regolamento UE 848/2018 in ciascuna delle fasi del processo: dalla produzione delle materie prime, durante la trasformazione del prodotto e infine nel momento dell’importazione. Riguardo la prima fase, il Regolamento identifica come biologico quel metodo che:
- si basa sulla valorizzazione e sulla conservazione dei sistemi biologici produttivi
- non prevede il ricorso a prodotti chimici di sintesi
- svolge una funzione di tutela dell’ambiente e di conservazione dello spazio rurale
- utilizza nel miglior modo possibile le energie rinnovabili
- valorizza le risorse territoriali, ambientali e naturali.
La fase della trasformazione deve avvenire utilizzando ingredienti da agricoltura biologica, riducendo l’impiego di additivi o limitandosi a quelli contenuti nell’elenco autorizzato dal regolamento europeo.
Vi sono poi altri tre modelli che possono essere utilizzati per identificare e valorizzare i vini sostenibili.
I primi due valutano l’applicazione dei metodi di agricoltura integrata secondo gli standard previsti dai regolamenti regionali. Agriqualità è un marchio della Regione Toscana che identifica e promuove i prodotti agroalimentari realizzati con le tecniche di agricoltura integrata dalla L.R. 25/99. Mentre il marchio Qualità Controllata – QC fa capo alla Regione Emilia-Romagna che ne stabilisce le regole di utilizzo con la Legge n. 28 del 28 ottobre 1999.
Vi è inoltre V.I.V.A. Sustainable Wine (Valutazione dell’Impatto della Viticoltura nell’Ambiente) uno standard di verifica di Bureau Veritas e QCertificazioni che, con un percorso della durata di due anni, propone una valutazione più ampia degli indicatori di sostenibilità. Esso è rivolto ad aziende che hanno la produzione agricola delle uve, del vino e l’imbottigliamento, ma anche a cantine sociali o grandi produttori che non hanno una produzione diretta delle uve e che si appoggiano a dei conferitori.
Infine, alla scelta strategica per il biologico è possibile affiancarne un’altra altrettanto importante e che riguarda la responsabilità sociale e in particolare la valorizzazione delle persone che lavorano all’interno dell’azienda. Un esempio? L’Azienda Vinicola Talamonti che, prima tra le realtà del settore, ha scelto e ottenuto la certificazione GEEIS-Diversity. Si tratta di una certificazione rilasciata da Bureau Veritas alle organizzazioni che si impegnano nel garantire l’uguaglianza e l’inclusione sul luogo di lavoro. L’intuizione di questa impresa è stata quella di valorizzare l’impegno per la diversity direttamente in etichetta sulla bottiglia, mandando un messaggio chiaro e distintivo, indirizzato ad un consumatore sempre più attento e sensibile alla dimensione valoriale.
Il quadro, dunque, è quello di un settore in rapida evoluzione, proiettato al futuro, nel quale la crescita già ben avviata proseguirà sostenuta a livello europeo da iniziative quali la strategia “Farm to Fork”. Essa, infatti, vedrà il settore agricolo direttamente coinvolto nel raggiungimento di due degli obiettivi comunitari fissati per il 2030: la riduzione del 50% dell’uso di pesticidi e il raggiungimento del 25% della Superficie Agricola Utilizzata in Europa coltivata con metodo biologico.
Fabio Bianciardi, Responsabile Commerciale QCertificazioni
Sofia Bonomi, CSR Specialist, Bureau Veritas Italia
Articolo pubblicato sul n. 3/2022 della rivista Alimenti & Bevande.
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